La Chiesa di Benedetto parla di politica perché cerca l'uomo

di Raffaele Iannuzzi
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La prolusione del Card. Bagnasco al Consiglio Permanente
della CEI dimostra come la
Chiesa
riesca a parlare di politica in molti modi. Se per
Aristotele l’essere poteva dirsi in molti modi, per la Chiesa la politica può
dirsi, in modo altrettanto ragionevole, in molti modi. Bagnasco non sarà Ruini,
l’animale politico della Chiesa, come egli stesso si è autodefinito, ma è
certamente un pastore che non intende gettare a mare l’eredità del suo
predecessore.

E ciò traspare da un elemento ricorrente: il linguaggio
accentuatamente pastorale della prolusione. Paradossale, si dirà, eppure, se
pensiamo al rilievo così dirompentemente politico del Vaticano II, che pure si
è sempre definito, impropriamente per la verità un concilio “pastorale”, la
cosa non appare, oggi, così improbabile.

La grandezza della Chiesa di
Benedetto XVI sta tutta in questo tenore teologico, etico e culturale di porre
la politica come luogo di intervento della fede. Contro qualsiasi irrilevanza
della fede stessa.
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